Sul filo degli affetti: Arianna e l’universo femminile della passione amorosa

“Vi sono passioni che restringono l’anima e la rendono immobile… altre l’allargano e la proiettano fuori.”

                                                                                                Blaise Pascal (1623-1662), Discorsi sulle passioni d’amore

 

 

Duo Lanci Cattani

 

Sul filo degli affetti: Arianna e l’universo femminile della passione amorosa

(Musiche di A. Bon, E.C.J. de La Guerre, F.J. Haydn, C. Monteverdi, A. Scarlatti)

Figura mitologica e letteraria, alla quale si legano fin dall’antichità molteplici letture poetiche, musicali ed iconografiche, Arianna rappresenta nel repertorio vocale di epoca barocca il simbolo della donna la cui cifra è una condizione esistenziale ed emotiva estrema, eccessiva.

L’abbandono cui è condannata diviene la causa di quel pianto inconsolabile che si fa necessariamente canto, veicolando l’intera gamma degli affetti tanto cari all’estetica barocca.

Come autentica figura del lamento Arianna ci racconta in prima persona la profondità dell’universo femminile con tutta la forza e l’attualità di cui forse soltanto i miti sono capaci.

I diversi accenti con i quali la principessa cretese viene dipinta musicalmente (il pianto, la disperazione, il furore, la rassegnazione o il desiderio di vendetta) tratteggiano così l’immagine della relicta, evocandone la voce attraverso il testo poetico-musicale, con sfumature sempre nuove nei diversi compositori che tra il Seicento e il Settecento si rapportano alla sua vicenda mitica.

Il programma prende avvio con il celebre lamento monteverdiano, che impose definitivamente il genere “lamento” come uno dei “topoi” più amati del teatro per musica, per poi riscoprire una cantata da camera di Alessandro Scarlatti in cui Arianna assume i tratti di una donna smarrita e spaesata, preda della passione più furente, ma capace infine di un autentico perdono atto a ristabilire una serenità d’animo risanatrice della rabbia e della disperazione nel trionfo di un sentimento amoroso estremo e totale. Altra situazione emotiva è quella dipinta entro un orizzonte musicale completamente diverso nella cantata di Haydn, in cui Arianna, trasognata e inconsapevole, prende solo gradualmente coscienza della sua condizione di abbandono vivendo un susseguirsi di passioni che sfociano nella rabbia e nel desiderio di vendetta del brano finale.

Fa da sfondo al canto delle diverse Arianne una sezione strumentale dedicata a due compositrici donne, vere e proprie perle rare all’interno di un universo musicale quasi esclusivamente maschile: Elisabeth-Claude Jacquet de la Guerre e Anna Bon.

Nata a Parigi nel 1666, Elisabeth-Claude Jacquet de la Guerre fu clavicembalista, organista e cantante virtuosa presso la corte del Re Sole, ma anche musicista indipendente al di fuori dall’ambiente regale. Vissuta invece nel pieno Settecento, Anna Bon, bolognese di origine, studiò viola a Venezia all’Ospedale della Pietà per poi lavorare, così come Haydn, presso la famosa corte degli Esterhazy.

 Programma

 C. Monteverdi (1567-1643) Lamento di Arianna

E.C. de la Guerre (1666- 1729) Piece de Clavecin dalla Suite in re minore: Prelude-Allemande-Courante-Gigue-Chaconne l’Incostante

A. Scarlatti (1660-1725) Dove alfin mi traeste?

A. Bon (1740 circa- dopo il 1767) Sonata op.1 n.2, Allegro-Andantino -Allegretto

F.J. Haydn (1732-1809) Arianna a Naxos

 

Arianna Lanci, mezzosoprano

Chiara Cattani, clavicembalo e fortepiano

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Trio Lanci, Laxgang, Cattani

 

 

 

Sul filo degli affetti: Arianna e l’universo femminile della passione amorosa

(Musiche di J.B. Barrière, A. Bembo, F. Geminiani, E.C.J. de La Guerre, C. Monteverdi, A. Scarlatti, B. Strozzi)

Figura mitologica e letteraria, alla quale si legano fin dall’antichità molteplici letture poetiche, musicali ed iconografiche, Arianna rappresenta nel repertorio vocale di epoca barocca il simbolo della donna la cui cifra è una condizione esistenziale ed emotiva estrema, eccessiva.

L’abbandono cui è condannata diviene la causa di quel pianto inconsolabile che si fa necessariamente canto, veicolando l’intera gamma degli affetti tanto cari all’estetica barocca: i diversi accenti con i quali la principessa cretese viene dipinta musicalmente (la disperazione, il furore, la rassegnazione, il desiderio di vendetta o il perdono) tratteggiano così l’immagine della relicta, evocandone la voce attraverso il testo poetico-musicale.

Come autentica figura del lamento Arianna ci racconta in prima persona la profondità dell’universo femminile con tutta la forza e l’attualità di cui forse soltanto i miti sono capaci, divenendo nell’ambito di questo programma il punto di partenza e insieme il punto di arrivo di un’ esplorazione di alcune tra le più raffinate e intense pagine del barocco musicale tra il primo Seicento e il primo Settecento, in un duplice contesto culturale, italiano e francese.

Il concerto prende avvio con il celebre lamento monteverdiano, unica gemma a noi rimasta dall’ Opera L’Arianna, rappresentata nel 1608 al Palazzo Ducale di Mantova. Proprio questo brano, che costituisce una scena teatrale in se stessa autonoma e potente, impose definitivamente il genere “lamento” come uno dei “topoi” più amati del teatro per musica delle origini, conducendo lo spettatore di oggi al centro del nuovo stile di canto monodico fiorito in Italia a cavallo tra il Cinquecento e i primi anni del Seicento: il recitar cantando, dal quale ha avuto origine appunto il melodramma.

In questo nuovo genere il canto si colloca a metà strada tra la voce cantata e quella parlata sia per l’aspetto ritmico che per quello intervallare, con il fine essenziale di muovere gli affetti in coloro che ascoltano. Il canto amplifica infatti la portata espressiva della parola, ponendosi al suo servizio, e facendo del cantante un vero e proprio attore in grado di esprimere del testo poetico sia la sfumatura più sottile che il dramma più intenso, mettendo in gioco la sua stessa fisicità nella capacità di dare corpo ai sentimenti secondo quella che verrà definita Teoria degli affetti. Il cosiddetto “cantare affettuoso” esalta dunque il forte impatto psicologico della musica su di un uditorio disposto a lasciarsi commuovere ponendo al centro dell’ascolto la propria stessa soggettività.

Nel solco di questa estetica si colloca l’opera di due grandi figure femminili del barocco veneziano: Barbara Strozzi, cantante virtuosa oltre che geniale compositrice, e Antonia Bembo, la quale, nata circa vent’anni dopo rispetto alla prima, fugge da Venezia a Parigi intorno al 1676, riscuotendo l’apprezzamento di Luigi XIV per le sue eccezionali doti di musicista. E alla corte del Re Sole incontriamo l’altra grande compositrice presente in questo programma, Elisabeth-Claude Jacquet de la Guerre: clavicembalista, organista, e cantante virtuosa al servizio di Luigi XIV, ma anche musicista indipendente al di fuori dall’ambiente regale. Fa da sfondo al canto una sezione strumentale in cui protagonista è il violoncello, in due degli autori tra i più importanti nella letteratura del primo Settecento dedicata a questo strumento solista: Geminiani, allievo di Scarlatti e in viaggio attraverso numerosi paesi d’ Europa tra cui la Francia, e Barrière, virtuoso del violoncello e compositore francese i cui soggiorni di studio in Italia furono significativamente molteplici.

Al termine del concerto, come suo compimento ideale, si colloca la cantata da camera inedita di Alessandro Scarlatti Dove alfin mi traeste?, di cui è stata curata la trascrizione in notazione moderna. Torna così in scena la voce di Arianna, in un monologo interiore che oscilla tra molteplici e sfumati affetti : donna smarrita e spaesata, in preda alla più furente rabbia verso l’uomo che l’ha ingannata e abbandonata, l’eroina cretese in questa versione scarlattiana sceglie infine di abbracciare in maniera totale e senza riserve la via del perdono, discostandosi radicalmente da una lunga tradizione barocca di Arianne, prima fra tutte quella monteverdiana. La donna ha superato infatti il furor distruttivo della seconda aria della cantata per tornare ad essere la fanciulla innamorata di un tempo. Per la prima volta la linea melodica si ammorbidisce e la voce si muove con andamento fluente e leggero. Il perdono di Arianna sovrappone così all’idea classica dell’amante abbandonata quella di una dedizione quasi mariana, la stessa che spingerà forse Griselda, la protagonista dell’ultima opera di Scarlatti, ad accettare infine i soprusi del marito.

Programma

C. Monteverdi (1567-1643) Lamento di Arianna a voce sola SV 22

F. Geminiani (1687-1762) Sonata per Violoncello e Basso Continuo in re minore Op. 5 n. 2: Andante-Presto-Adagio/Allegro

B. Strozzi (1619-1677) Miei pensieri (da Ariette a voce sola, Op. 6)

E. C. de La Guerre (1666-1729) La Flamande (dalla Suite in Re minore)

A. Bembo (ca.1640-1720) Anima perfida (dalle Produzioni armoniche)

J. B. Barrière (1707-1747) Sonata per Violoncello e Basso Continuo in mi minore, libro IV n.3: Largo staccato/Adagio-Gavotte/Mineur-Adagio/Allegro

A. Scarlatti (1660-1725) Dove alfin mi traeste, ovvero l’Arianna

 

Arianna Lanci, mezzosoprano

Verena Laxgang, violoncello barocco

Chiara Cattani, clavicembalo

 

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The edge of affections:

Arianne and the female universe of the passion of love

(Music by J.B. Barrière, A. Bembo, F. Geminiani, E.C.J. de La Guerre, C. Monteverdi, A. Scarlatti, B. Strozzi)

 

“There are some passions which contract the soul and render it stagnant, and there are others which expand it and cause it to overflow.”

 Blaise Pascal (1623-1662), Discourse on the Passion of Love

 

Arianne is an evocative figure in Greek mythology: her beloved Theseus abandons her sleeping, leaving her in inconsolable pain. The daughter of the King of Crete (Minos), she has been widely represented in poetry, music and the visual arts for centuries, especially during the Baroque period, when she becomes the symbol of the existential and emotional condition of woman.

The Baroque aesthetic draws on the Cretan Princess’s feelings, and turns her predicament into song. Associated with despair in love and the Labirinth, Ariadne is one of the most crucial figures of the lamento, one of the most beloved topoi marking the origins of Italian Opera, exploring the depths of the female universe with a strength and topicality that only myths are capable of. As a perfect instantiation of the image of relicta, Ariadne gives the occasion to deploy, in a fusion of poetry and music, a wide range of emotions: desperation, fury, resignation, desire for revenge, forgiveness. Her figure serves as the starting point for some of the most refined and intense sheets of Baroque music written in Italy and France between the early Seventeenth and early Eighteenth centuries.

The concert starts with Monteverdi’s famous Lamento, the only surviving fragment of L’Arianna, the Opera first performed in 1608 at Mantova’s Palazzo Ducale. This composition, which in itself constitutes an autonomous and powerful theatrical experience, definitively imposes the “lamento” genre and presents today’s audience with the new monodic vocal style that bloomed in Italy between the Sixteenth century and the early Seventeenth century: Recitar Cantando (acting while singing). The use of the voice that this genre adopts by innovatively combining the rhythm and cadenza of both singing and speaking, is essentially committed to moving the emotions of those listening. The music is ancillary to the lyrics and makes a real actor of the singer, expressing both sophisticated vocal textures and the most intense drama of the poetic text. The singer’s physicality gives flesh to Ariadne’s whirling feelings in one of the finest examples of the artistic application of the Doctrine of the Affections of the period.

The first part of the concert, dedicated to la Serenissima, continues with two great female Venetian composers of the so-called “cantare affettuoso“, which develops the Doctrine of the Affections by intensifying the strong psychological impact of music on an audience willing to let itself be moved by placing its own subjectivity at the center of listening. The first, Barbara Strozzi, was a virtuoso singer as well as a brilliant composer who lived in Venice from 1619 to 1677. The second, Antonia Bembo, a singer twenty years her junior, moved from Venice to Paris in 1676, enjoying the appreciation of Louis XIV for her exceptional qualities as a musician and singer. At the court of le Roi Soleil, we also meet the other great female composer presented in this program, Elisabeth-Claude Jacquet de la Guerre. A harpsichordist, organist, and virtuoso singer, she was not only at the service of Louis XIV, but also an independent musician outside the royal court.

The cello is the protagonist of the second instrumental section of the concert. This section proposes two of the most important compositions to be written for this solo instrument in the early Eighteenth century. The first is composed by Geminiani, a pupil of Scarlatti, who played in numerous countries throughout Europe, including France. The second is by Barrière, a French cello virtuoso and composer who alternated living between France and Italy.

The final part of the program presents, as its perfect conclusion, the never released chamber singing of Alessandro Scarlatti: Dove alfin mi traeste?, transcribed for the first time into modern notation. Ariadne’s voice returns to the scene, in an interior monologue that oscillates between multiple nuances of emotion. Scarlatti represents Ariadne as a lost and confused woman, who furiously lashes out at the man who has deceived and abandoned her. Yet she finally resolves to embrace forgiveness totally and unreservedly. This interpretation of the Cretan princess marks a break from the established Baroque tradition, in particular from Monteverdi. This Ariadne has overcome the destructive fury of the second aria of the cantata to become, once more, a young girl in love. For the first time, the melodic line softens and the voice moves smoothly and lightly. Thus, the forgiveness of Ariadne combines the classical idea of the abandoned woman with total devotion to her male lover, the same feeling that will, perhaps, push Griselda, the protagonist of Scarlatti’s last work, to finally accept her husband’s abuse.

 

  Biografia di Chiara Cattani

Biografia di Verena Laxgang